Shadowbox Effect

Fabio Cannavaro dai Pm per la vicenda riciclaggio: "Iorio mi chiese il favore personale di intestarmi quote fittizie"

Posted by napolipersempre 10:45, under | No comments



Avrebbe accettato il 45 per cento delle quote di una società riconducibile all'imprenditore napoletano Marco Iorio, anche se la sua presenza reale in società era solo del 20 per cento. Un passaggio che emerge dall'interrogatorio reso in Procura da Fabio Cannavaro, ascoltato come persona informata dei fatti nel corso dell'inchiesta sulla gestione di alcuni ristoranti del Lungomare. Chiuse le indagini e in attesa di una probabile richiesta di processo a carico di una ventina di indagati, fa notizia il racconto reso lo scorso sei luglio da Fabio Cannavaro, sentito in Procura per i suoi rapporti di amicizia e di affari con Fabio Iorio, imprenditore in cella dallo scorso giugno. Ai pm anticamorra Sergio Amato e Enrica Parascandolo, Cannavaro ricostruisce gli investimenti in comune con Iorio nel ristorante "I re di Napoli": "Attraverso il pagamento di 200mila euro in assegni circolari il 9.02.2005 ho rilevato il 45% della società Sveva s.r.l. come da contratto che produco in copia informatica privo di sottoscrizione. Sebbene il mio commercialista abbia fatto riferimento quale partecipazione reale solo al 10%, in realtà la mia quota reale è del 20%. Tanto dovrebbe risultare dalla procura a vendere la quota del 25% che contestualmente fu fatta in favore di Marco Iorio e che tuttavia allo stato non è in copia nella mia disponibilità. Fu Marco Iorio a chiedermi la cortesia di intestarmi quel 25% in più e mi spiegò che tanto si rendeva necessario in quanto aveva problemi familiari e con altri soci. Non entrò nei particolari né io feci altre domande. L'intesa era nel senso che di lì a poco avrebbe provveduto ad intestarsi quelle quota, ma poi le cose sono rimaste così e d'altra parte, come ho già dichiarato, non ho mai personalmente seguito questi affari. È stata dunque una cortesia personale fatta ad una persona che non potevo mai immaginare potesse essere quella che appare oggi per effetto delle indagini che state portando avanti. Si consideri che all'epoca avevo contratti per circa dieci milioni di euro all'anno e, quindi, a questa partecipazione ho prestato poca attenzione".
Chiara l'ipotesi investigativa alla base dei blitz dello scorso giugno. Per anni alcuni ristoranti di Chiaia avrebbero riciclato soldi sporchi. Uno strano intreccio di interessi, che ha portato lo sguardo degli investigatori a ritroso, dal Lungomare alle piazze dello spaccio di Secondigliano. Tutto da dimostrare, ovviamente, quanto basta comunque a spingere gli inquirenti a prepararsi a una probabile richiesta di processo. Associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di soldi di dubbia provenienza, l'accusa principale, in attesa di ascoltare in un eventuale dibattimento la replica della difesa. Assistito dai penalisti Claudio Botti ed Ernesto Palmieri, Iorio ha sempre respinto l'etichetta di imprenditore al soldo di poteri illeciti, dicendosi convinto di poter dimostrare la propria estraneità dalle accuse che lo tengono in cella. Guardia alzata anche per gli altri soci di Iorio, difesi tra gli altri dagli avvocati Orazio De Bernardo, Giuseppe De Gregorio, Sebastiano Giaquinto, Salvatore Maria Lepre. Ma non si è parlato solo di affari, nel corso delle sommarie informazioni sottoscritte da Cannavaro. L'ex capitano della Nazionale racconta anche il modo in cui seppe del blitz del 30 giugno scorso in cui erano stati arrestati i fratelli di Marco Iorio e sequestrati i ristoranti, mentre l'imprenditore - a sua volta destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare - si trovava proprio assieme a lui negli Stati Uniti: "Ero con lui negli Stati Uniti quando qui in Italia ci sono stati gli arresti e i sequestri. Appresi al risveglio la notizia da internet cui mi collegai in quanto trovai dei messaggi sul telefonino dei miei parenti che mi invitavano a farlo. Chiesi spiegazioni a Marco, il quale mi disse solo che avevano arrestato tutti e sequestrato tutto e che pertanto doveva subito rientrare in Italia".
L'ultima battuta per l'ex capo della Mobile Vittorio Pisani, coinvolto per un'ipotesi di favoreggiamento: "Non è mai venuto da me a Dubai, né io l'ho mai invitato".
Fonte: Il Mattino

0 commenti:

Posta un commento

Articoli Più Letti

Ti piace questo sito?

Tags

Blog Archive