Aveva una gran fretta di dimostrare a Mazzarri e ai tifosi cosa è capace di fare, dopo la delusione per il rigore sbagliato a Siena. Lui ormai è fatto così: quando si trova davanti a una di quelle partite che contano, Edinson Cavani detto Edi non si tira mai indietro. Diciotto gol dall’inizio di questa stagione: 4 nelle notti di Champions (contro Manchester City e Bayern, per intenderci) e tre in quelle di Coppa Italia. Più gli 11 in campionato – sei decisivi – che lo incoronano «imperatore di Napoli». Contro l’Inter il bomber uruguaiano chiarisce che lui e la sua squadra non butteranno via niente in questa stagione, quasi per una inedita propensione al successo: «Chi arriva in semifinale, vuole arrivare anche in finale», ha spiegato el Matador con plateale semplicità. È nel club di De Laurentiis da un anno e mezzo, e non è mai rimasto vittima della dolcezza del successo, delle sue seduzioni e delle sue vertigini. Napoli è ancora col naso in su ad ammirare la scia della strepitosa rete all’Inter in Coppa Italia, a tempo scaduto, come spesso gli capitava nella passata stagione. Segni particolari: implacabile. E con la testa già alla trasferta di Marassi, in casa del Genoa. Prima della notte con l’Inter era un po’ giù. Tranquillo, che segni, gli ha detto l’inseparabile manager Claudio Anelucci. «Lo so, lo so». Edi sa. Sa sempre in anticipo quello che succederà. E dopo il primo gol, quello su rigore, ha esultato come se avesse segnato la rete più bella del mondo. Lui fa sempre così. Per questo la gente lo ama. Ha anche cambiato modo di tirare i penalty: ha calciato «alla Di Natale». Con Totò, superbomber dell’Udinese, si è incontrato lunedì, nella serata della premiazione nella Top 11. Magari ha chiesto consiglio all’attaccante italiano e la lezione è servita. Pacato nelle parole, sostenuto da una fede incrollabile e dall’amore per Maria Soledad e il figlioletto Bautista, vive circondato dall’affetto della sua famiglia e dei pochi amici di cui si fida. Ieri era giorno di allenamento altrimenti si sarebbe regalato un altro premio: quello di pranzare in una delle tante taverne del centro storico che ha imparato a conoscere grazie proprio ad Anelucci. Ovvio che, nel giorno in cui il predestinato del gol torna a segnare una doppietta scoppiettante e decisiva, i tabloid inglese tornino a scatenarsi. «O Hulk o Cavani», avrebbe ordinato Villas Boas, l’allenatore del Chelsea prossimo avversario in Champions degli azzurri. Nessuna novità, non c’è tecnico al mondo che non vorrebbe Cavani nella sua squadra. Ma convincere il patron De Laurentiis a cedere l’infallibile bomber di Salto non è e non sarà mai cosa semplice. «Napoli è la mia vita», ripete sempre. «Ovvio che se arriva una proposta la valutiamo insieme alla società. Ma non mi va di parlare ora di mercato», spiega con chiarezza il manager dell’uruguaiano. Normale che sia così. Tocca al club sancirne l’incedibilità. Cosa già fatta in ogni occasione possibile. Il Matador ha un contratto con scadenza nel lontanissimo giugno 2016. Blindatissimo, con ingaggio a crescere a partire dai 2,2 milioni di euro all’anno di questa stagione. Una montagna di soldi, ma niente rispetto a quello che offrono gli sceicchi d’Europa. Edi, però, saprà resistere alle tentazioni. Come ha già fatto. L’eroe del San Paolo, poi, non ha mica prezzo: non solo perché i simboli di una squadra non sono facilmente valutabili ma soprattutto perché non è facile trovare la valutazione giusta per una punta capace di realizzare 51 gol in un anno e mezzo (28 centri in 33 partite lo scorso campionato), a una rete di distanza dal mitico Hasse Jeppson e a due da Savoldi. Antonio Vojak (102) e Attila Sallusto (104), campioni di un altro calcio, sono lontanissimi. Vinicio (69), Altafini (71), Careca (73) e Maradona (81) distanti almeno un’altra stagione. Il Napoli e Napoli oramai si riconoscono in Cavani. E Cavani sembra riconoscersi nel Napoli. Una garanzia.
Fonte:Il Mattino
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