NAPOLI -Divorato dalle gelosie e sopraffatto dalla logica del particulare di guicciardiniana memoria, il calcio italiano è all'anno zero e non pare avere intenzione di fare quello scatto in avanti invocato dal presidente Maurizio Beretta. L'ennesima assemblea di Lega, convocata per dipanare la matassa dei diritti tv, si risolve in un nulla di fatto, dopo otto ore abbondanti di chiacchiere. Oggi la stagione 2010-11 va ufficialmente in archivio e la Serie A non ha ancora deciso come spartirsi l'ultimo 25% dei proventi televisivi, pari a 197 milioni e legato ai bacini d'utenza. Sky e Mediaset, nel frattempo, tengono i soldi in cassa e non riescono a dare giustificazioni ai loro increduli azionisti. Adesso, in assenza di un accordo, la palla dovrebbe passare all'Alta Corte di giustizia presso il Coni, chiamata in causa dalle 5 big che chiedono di annullare la delibera sui bacini «allargati» approvata dalle 15 medio-piccole. Il giudizio sportivo di secondo grado (la Corte di giustizia federale ha già detto no alle grandi) era stato tenuto in sospeso proprio nella speranza che i club potessero mettersi d'accordo senza ricorrere alle carte bollate. Speranza vana. E martedì prossimo è pure in programma l'udienza davanti al Tribunale civile di Milano: la Juventus ha chiesto di bloccare quei soldi in attesa di un giudizio di merito. Non a caso, uscendo sconfortato dalla Lega, l'a.d. del Milan Adriano Galliani ha parlato di «paralisi », aggiungendo: «Peggio di così non poteva andare. Non si riesce a risolvere nulla. È una situazione difficile per il calcio italiano ». Pessimismo cupo anche dalle parole di Andrea Agnelli, presidente della Juventus: «Ci sono stati fulmini e tuoni sia fuori sia all'interno delle stanze della Lega. Dobbiamo trovare un accordo ma dobbiamo farlo per il calcio. Non c'è apertura delle piccole verso le grandi, e la maggioranza ce l'hanno loro».
Proposte vane Ieri, nel corso della riunione, è finita tanta roba dentro il calderone. Non solo un'ipotetica transazione rispetto alle quote di mercato assegnate dalle ricerche demoscopiche che penalizzano Juve & Co.,
pure le linee guida della vendita dei diritti del triennio 2012-15 e i nuovi criteri di ripartizione delle risorse, con l'ipotesi di eliminare in futuro i bacini d'utenza dando molto più peso alla meritocrazia, che salirebbe al 60% (ma bisogna cambiare la Legge Melandri). Tante proposte, zero concordia. Quel che sembra certo, ormai, è che i due schieramenti stanno perdendo pezzi. Cinque big? Non più. La Roma, rappresentata dalla dimissionaria Sensi e in attesa del passaggio di consegne agli americani, si è astenuta dall'unica votazione fatta ieri, sulla proposta di Galliani di togliere l'Auditel dalla definizione dei bacini. È finita 16-3 perché ha votato no il Napoli, che vanta ascolti tv molto vicini a quelli delle prime tre. Dopodiché, la mediazione ha portato a questa controproposta: non togliamo l'Auditel ma riduciamo il suo peso sulle indagini da 1/3 a 1/6. In questo modo Juve, Milan e Inter avrebbero recuperato qualche milione a testa. Ma lo stesso Agnelli, che punterebbe ad arrivare a 83 milioni di entrate totali (anziché gli attuali 75), non era così entusiasta. Scontente, per ragioni opposte, anche le retrocesse.
Scontro La rottura, però, si è consumata nel momento in cui Lotito, che pure si era mostrato collaborativo, ha chiesto di blindare questa ipotetica ripartizione fino al 2015. Apriti cielo. Galliani
gli ha risposto picche, anche perché le big non vedono l'ora di poter ridiscutere i pacchetti che la Aoffre, con la contrattazione collettiva, ai broadcaster: l'obiettivo del Milan e delle sue sorelle, infatti, è di riprendersi i diritti delle interviste del post-partita e delle telecamere negli spogliatoi. Nessuna convergenza nemmeno nell'individuazione dell'auditor chiamato a verificare la correttezza delle ricerche demoscopiche: Paolillo ha proposto Pagnoncelli, Galliani Mannheimer, tutto vano. La prossima assemblea sarà convocata per venerdì 10 luglio o per l'altra settimana. Nel frattempo, interverranno i giudici. Qualcuno, in Lega, ammette: «Meno male…».
GDS
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