De Laurentiis, come si vive dentro una favola?
«Ma io sono stato immerso da questa città fantastica in scene che sembravano strappate da un film di Eduardo e dunque mi ritengo abituato a certe sensazioni. Però condivido: siamo all’appuntamento con una partita storica».
Sarà ripetitivo, ma voltarsi aiuta a capire.
«Il mio Napoli è figlio d’un foglio di carta, ciò che mi venne consegnato in Tribunale quando andai a rilevarlo dalla Fallimentare. Ma tutto ciò ch’è stato, mi piace sottolinearlo, è merito di chiunque abbia attraversato questo club però è principalmente di tifosi inimitabili, la nostra vera forza. Ogni gioia è loro».
E’ una nottata di emozioni: tanto per parafrasare ancora Eduardo, da non far passare mai.
«Ripenso sempre al percorso del Napoli, a queste otto stagioni fantastiche. Io ho ricevuto tanto e sono grato a questo popolo che non ci ha mai fatto mancare la possibilità di sentirci gratificati. Eravamo nulla, siamo tra le prime sedici squadre in Champions, che poi vuol quasi dire del mondo…».
Revival, se riesce…
«C’è tutto scandito nella memoria. Da agosto 2004, a Castelcapuano, alla prima stagione in C, con la sconfitta nel derby di Avellino, quando al risveglio dovetti scuotere Reja. E poi quel biennio con sessantamila spettatori, nonostante fossimo in terza serie. E il titolo de Le figaro: la regina d’Europa. Abbiamo fatto in fretta e questo penso sia il dato che meriti maggior risalto: perché approdare qua, in così breve tempo, sa di miracolo, e invece è programmazione».
La data simbolo è il 21 febbraio 2012?
«Questo è l’Evento, vero. Ma perché far torto alle piccole-grandi affermazioni, a quel fiume di uomini, donne e bambini, al rientro da Marassi, dopo la promozione in serie A, che ci ha accolto per le strada. Eravamo sul pullman, c’era gente che si svegliava, in pigiama, si affacciava dal balcone e ci festeggiava. Siamo entrati nelle case della gente, mischiando la felicità nostra alla loro. Una pellicola meravigliosa, fu quasi come vincere uno scudetto».
Cosa significa giocarsi la possibilità di arrivare a un quarto di finale?
«Dare spessore a questa scalata imperiosa, il Napoli ha segnato a modo suo un’epoca: quando eravamo tra i cadetti, con la Juventus e il Genoa, è stato modificato il rapporto di forza televisiva tra A e B, perché la gente si divideva. E noi abbiamo contribuito a ciò».
Il futuro spalancato riconduce al passato.
«C’è stato un Napoli grandissimo, quello dei trionfi, quello indimenticabile di Maradona, quello di Careca e Giordano: è un fulgido esempio d’un periodo da conservare gelosamente. Lo teniamo lì, senza aver la pretesa di far paragoni o accostamenti. Noi abbiamo il dovere di ricordare chi siamo, quando siamo venuti al mondo e come: e orgogliosamente ci godiamo quel che stiamo costruendo, nel solco di un’eredità gloriosa».
Agosto 2011: ricorda anche quello?
«Eravamo a Montecarlo, dalle urne venne fuori un abbinamento che spinse ad una definizione immaginifica assai aderente alla realtà: il girone della morte. Mi venne spontaneo, invece, scovare il lato positivo del sorteggio: ma quando avremmo avuto la possibilità di sfidare, tutte assieme, il Bayern, il Villarreal, il Manchester City?».
Tanti capitoli, varie svolte…
«Ora sembra un dettaglio, ma la qualificazione in Intertoto ha sottolineato che stavamo diventando grandi. Ed è accaduto appena quattro anni dopo la nostra rinascita. Ma poi mica possiamo dimenticare il giorno in cui abbiamo raddrizzato la barra, riparando ad una situazione divenuta delicata, e con Mazzarri ci siamo ritrovati prima in Europa League e poi terzi e in Champions. Soddisfazioni che rimangono».
Complimenti per il passaggio al turno, ma sembrava una forzatura quella tentazione-Champions.
«Mi ritengo baciato dalla fortuna, per avere queste opportunità. Ci hanno aiutato a maturare ulteriormente. Eravamo già il Napoli invitato al Gamper. Tutto serve per sviluppare autostima e conoscenze internazionali».
E ora, tra una fantasia e l’altra, c’è chi si lascia andare….
«Inutile perder tempo, stavolta non faccio pronostici, né mi sbilancio: mi lego solidamente alla mia superstizione e lascio che parlino gli altri».
Sfidate una delle squadre più nobili del panorama internazionale, però in crisi…
«Lo diceva qualcuno anche del mio Napoli, sino a venerdì mattina: ma a Firenze abbiamo giocato una partita strepitosa, bellissima, un piacere per gli occhi, sembravamo leoni. E domani sera, quelli saremo. Ma il Chelsea ha talenti autentici e di esperienza, può riprendersi all’improvviso: no, non ci casco….».
Avrete, probabilmente, almeno un vantaggio…
«Ne abbiamo due, in verità, e gli inglesi non ne sono particolarmente consapevoli: il nostro dodicesimo uomo in campo è il tifoso, ognuno di loro e per un totale di sessantamila; e poi c’è il tredicesimo: e quello è san Gennaro».
Gioca «sporco», adesso: il sacro e il profano…
«Pure nella cinematografia si scrutano queste immagini, che resistono per secoli. Noi abbiamo fede».
L’Uefa vigila sul San Paolo, siete a rischio squalifica se non vengono rispettati alcuni criteri di comportamento: niente petardi, scale e vie di fuga libere, vietato l’accesso al terzo anello ch’è chiuso.
«Dimostreremo chi siamo, perché questa è una città che ha nel suo codice genetico la signorilità. Ce l’ha nell’animo. E sapremo essere rigorosi, esportando il meglio della napoletanità. Non ho raccomandazioni particolari da fare, perché questo pubblico sa bene come bisogna comportarsi».
Raccomandazioni alla squadra, invece…?
«Una sola preghiera, di non andare a parlare con l’arbitro, di non rischiare ammonizioni gratuite. Capisco che pur di salvare un gol si possa andare incontro al pericolo, ma prendere un giallo per proteste no. C’è una sfida di ritorno, ricordiamocelo».
In questi giorni, la sua presenza al fianco dei calciatori è divenuta «incessante»…
«Volevo far sentire ai ragazzi l’affetto del club, del presidente, di una società che devono ritenere sempre al loro fianco. Io credo di conoscerli tutti e bene e so che abbiamo un gruppo di uomini straordinari, con valori e con rispetto per la liceità dei comportamenti. Era un periodo in cui la sorte non ci sosteneva, s’avvertiva qualche disagio: io sono il loro amico, ho qualche anno in più e forse anche un pizzico d’esperienza, volevo che capissero di poter contare su di me nel caso in cui avessero qualche problema».
Cosa crede che manchi a questo Napoli?
«Non alla squadra, ma all’ambiente: a volte ho l’impressione che qualche risultato negativo finisca per demoralizzare in maniera eccessiva. E invece il calcio questo è, si vince e si perde. Ma dalle sconfitte non bisogna farsi travolgere, perché altrimenti ci imbatteremmo in quell’indice di debolezza che va affrontata con carattere. Pure la vita propone fasi alterne e allora uno che fa, non reagisce?».
Una previsione non è proprio possibile strappargliela?
«Impossibile. Io spero che sia una gran bella partita. E, avanti tutta….».
Banalità di chiusura: ma non le viene da sognare che oltre il Chelsea si può andare…
«Ma lei pensa che io quando faccio un film pensi che possa andar male….?».
Fonte CDS
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