L’Europa è al di là del verde, una distesa fascinosa pronto a spalancare le sue braccia per il terzo anno consecutivo, e in quell’universo luminoso che si intuisce all’orizzonte, c’è eventualmente la certificazione d’un ruolo e di una autorevolezza oramai indiscutibili. Siena-Napoli è la catapulta d’ultima generazione del calcio del Terzo Millennio e oltre le tre ore della doppia semifinale, occultato tra le emozioni d’una sfida imprevedibile e l’orgoglio di poterla vivere da protagonista, c’è il passaporto per ritrovarsi a prescindere accucciati ed appagati nella vecchia, carissima coppa Uefa, l’altra faccia d’un Vecchio Continente (comunque) attraente. La Storia è un romanzone accattivante di ottantasei anni in cui c’è tutto, la nobiltà degli scudetti e di Maradona e la miseria d’un Fallimento ancor così terribilmente vicino: e ora che Siena-Napoli sta per cominciare, trascinando con sé ogni possibile interpretazione e nell’attesa dei verdetti ufficiali e definitivi del campionato, ci sono pagine bianche pronte per essere arricchite di nuove (piccole) imprese, c’è il passepartout per (ri)accomodarsi nell’establishment internazionale.
VIAGGIO D’ANDATA – La seconda vita, cominciata nell’agosto del 2004, è un’esplosione di felicità, una cavalcata imperiosa culminata nel terzo posto dell’anno scorso, l’area business del football mondiale attraversata poi con lo spessore di chi sa quel che vuole e se lo prende a modo suo, con il piglio d’una star senza macchia e senza paure, capace d’arrivare al Chelsea e agli ottavi di finale di Champions. Ma Siena-Napoli, l’ altra Coppa, rientra di diritto tra gli Eventi, e la solennità d’una finale all’Olimpico, in uno scenario da mille e una notte, avendo di fronte o il Milan o la Juventus, e ritrovandosi tra le mani il biglietto per l’Europa League, concedono spruzzate di prestigio da annusare sin da stasera, al «Franchi», nella prima parte d’una semifinale da brividi.
IL CICLO D’ORO – L’era glaciale, cioé quell’esistenza caratterizzata dal nulla e poi certificata dalla catastrofe finanziaria e dal ko del Tribunale, comincia, guarda un po’, a Vicenza, 29 maggio 1997, quindici anni fa, finale di Coppa Italia in bianco & rosso, l’antipasto d’una recessione franata nel sottoscala del calcio con un 3-0 doloroso. Ma dalle macerie si risorge e prima è stata serie B, poi serie A, poi Intertoto, poi Europa League e poi la Champions, e ora il Siena con il magnetismo d’una gara che può valere una finale e un sogno svelato pubblicamente – e praticamente in coro – da De Sanctis e da Cavani, da Cannavaro e da Lavezzi: «Vogliamo alzare la Coppa Italia al cielo».
I TENORI – Si gioca e si fa sul serio, perché l’ altra Coppa non è la sorella povera dei trofei da bacheca; e per questa serata d’onore da regalarsi ad ogni costo, con tanto di opzione eventualmennte sul gran gala dell’Olimpico di Roma, non ci sono sconti né turn-over, ci sono i tre tenori Lavezzi-Hamsik-Cavani e c’è la struttura portante del miglior Napoli; ci sono gli attuali titolarissimi di Mazzarri tirati a lucido e c’è la tensione creata da quella magica ed insolita atmosfera d’una semifinale. C’è un venticello che spira frontale e che accarezza Napoli: è l’Europa che aspetta, laggiù, oltre Siena. E’ una notte da illuminare con le proprie stelle.
Fonte:CDS
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