Il profumo è lo stesso di venti anni fa e il successo al Dall’Ara consegna alle nuove generazioni un’immagine identica a quella dell’ultimo scudetto griffato Maradona. Per carità, all’epoca si era alla penultima giornata e con la sconfitta del Milan a Verona sarebbe stato sufficiente il pareggio nell’ultima al San Paolo contro la Lazio. La suggestione è la stessa, la classifica no. E guai a pronunciare quella “parolina”, anche se ormai tutti i tifosi sanno che questa squadra può contendere a testa alta e con orgoglio il primato del Milan. Magari non succede, perché altre sei giornate sono interminabili e i “poteri forti” I faranno di tutto per riportare normalità alla graduatoria, ma nessun avversario adesso incornicia più il suo volto con il sorriso intenerito di chi pensa: “poveri illusi”. Ormai è anche superfluo ribadire che il Napoli rappresenta una realtà di questo campionato. Una realtà nemmeno momentanea, ma destinata a durare nel tempo, alla luce dei numeri fatti registrare da una squadra che a fine agosto non godeva nemmeno del consenso della propria gente. Venti vittorie già conseguite, ancora una e verrà eguagliato il record dei ventuno successi centrati dal Napoli, guarda caso, proprio nella stagione dell’ultimo scudetto. E poi, nove exploit in trasferta non si erano ottenuti nemmeno nel dorato settennato di Maradona. Magari non succede, ma quanto fatto finora dal Napoli già basta per essere preso ad esempio da tutto il movimento calcistico nazionale. Per la qualità di gioco e dei giocatori, qualcuno apparentemente mediocre e invece utilissimo, oltre ad una organizzazione societaria snella e moderna: non può essere un caso che nell’anno in cui De Laurentiis ha ingaggiato un direttore generale degno di tal nome, Marco Fassone, il club sta diventando moderno, oltre a lottare per lo scudetto. Chi può vantare allo stesso modo del Napoli un bilancio prossimo allo zero, tra entrate ed uscite, e ritrovarsi in vetta al campionato di serie A, nonché in grado di battersi da pari a pari con le milanesi per le restanti sei gare di questo campionato esaltante? Nessuno, nemmeno l’Udinese presa ad esempio e poi retrocessa al rango di meteora che brilla solo per un po’. Avere, poi, otto punti di vantaggio sulla quarta in graduatoria (la Lazio), può anche significare mezzo piede in Champions League. Potrebbe, ma pensarla così significherebbe non essere il Napoli di Mazzarri. Questa squadra, c’è da giurarlo, si batterà per il primo posto fino a quando l’aritmetica glielo consentirà e già da ieri ha cominciato a pensare al prossimo match, quello di domenica sera contro i friulani. Il gruppo, con il tecnico in testa, non ha la caratteristica di accontentarsi di ciò che sta per agguantare. Ha il pregio di guardare sempre avanti, provare a migliorare se stesso ogni giornata di più e ha già messo in agenda che da domenica, e per un mese e mezzo ancora, ci sarà da giocare un altro campionato della durata di sei turni. Spalla a spalla con il Milan e con l’Inter: chi regge alla tensione, agli sgambetti dialettici e alla stanchezza di un’annata massacrante, potrà alzare le braccia al cielo per fregiarsi del tricolore. Walter Mazzarri ha confessato di non guardare mai la classifica, né studierà le mosse delle concorrenti al titolo, se quelle delle avversarie gara per gara. Magari gli darà una sbirciatina la notte del 22 maggio. E magari in quella notte potrebbe scoprire di essere ancora più antipatico…
Raffaele Auriemma
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