In comune hanno veramente poco. Distanti sul piano personale (uno, il milanista, livornese simpatico e sfrontato; l’altro, il napoletano, decisamente più ombroso), lontani su quello tecnico. In comune hanno soltanto una cosa: la bravura. Massimiliano Allegri e Walter Mazzarri sono oggi l’espressione migliore dello Stile Italiano, facilitati anche dal fatto che i Grandi Vecchi o sono in attesa (Ancelotti, Lippi) o sono altrove e in tutt’altre faccende affaccendati (Mancini e Capello). Su un terreno scivoloso come questo, un referendum è un gioco o, al limite, un esercizio di stile. Alla fine la risposta resta appesa, come la domanda. Perché nella risposta pesano le preferenze calcistiche personali o le simpatie umane. Sicuramente il rilancio del calcio italiano passa da loro, al momento i «prodotti» migliori della famosa «Università di Coverciano», come veniva chiamata un tempo con un eccesso di retorica.
TATTICA - Quello di domani al San Paolo sarà il confronto fra due filosofie di gioco. E su questo versante, le differenze sono chiarissime. Quella più evidente riguarda la difesa: a tre quella di Mazzarri, a quattro quella di Allegri. Per i due, una vera costante anche se, in taluni casi, il napoletano ha a volte temporaneamente adottato la linea a quattro. Ma come sta dimostrando la vicenda di Gasperini all’Inter, l’assetto difensivo (che poi ispira tutta la logica tattica di una squadra) è frutto di radicate convinzioni e non si può chiedere a un tecnico di cambiarle per moda o comando. Guidolin, ad esempio, a un certo punto della sua carriera ha abbandonato la linea a quattro per quella a tre perché, approdando a Udine dopo Zaccheroni, ha verificato direttamente la produttività di quel sistema. Mazzarri e Allegri, invece, dai risultati hanno tratto conferma per le rispettive scelte. Ma non ci si ferma qui. Il Milan schiera attaccanti più classici che diventano punti di riferimento per i difensori avversari; il Napoli davanti sistema giocatori che lavorano per non dare punti di riferimento. Più palleggiato il gioco del Milan (anche se molto meno rispetto ai tempi di Ancelotti), più «cattivo», aggressivo (soprattutto in mezzo al campo) quello del Napoli.
SUCCESSI - Il Napoli reduce dalla trasferta di Manchester ha raccolto risultati ed elogi; il Milan reduce da Barcellona ha raccolto risultati ma qualche elogio in meno per via di un atteggiamento forse poco propositivo. Stili diversi ma un unico obiettivo: portare le proprie squadre al successo. Chi è più bravo, allora? Allegri ha esordito sulla panchina rossonera conquistando lo scudetto, cioè il successo più importante (insieme alla Champions). Da questo punto di vista ha ottenuto di più. Si può obiettare: troppo facile quando ti sistemi sulla panchina milanista, club ricco con la vittoria nel dna. Ma più è grande una squadra, più complessa è la gestione delle personalità che la compongono. Da questo punto di vista Allegri ha fatto sicuramente bene. Mazzarri, però, ha dalla sua la «continuità di rendimento »: promozione col Livorno, tre salvezze con la Reggina (l’ultima miracolosa partendo da meno undici), al primo anno alla Samp la qualificazione Uefa, l’anno dopo la finale di Coppa Italia, quindi nella prima stagione napoletana (cominciata in corsa) il posto in Europa League, nella seconda la Champions. Comprensibile l’imbarazzo dei nostri «giurati».
Sono talmente bravi, e ugualmente bravi, che Eugenio Fascetti spiega così il suo punto di vista: «Impossibile dar una preferenza, impossibile! Sono bravi perché sono entrambi toscani, devono essere bravi per forza!». E’ una battuta, ma rende la misura di come il confronto Allegri-Mazzarri sia sottile, inestricabile e simbolico del del calcio italiano. Che sa produrre a ogni nuova generazione, allenatori di primissima grandezza.
EQUILIBRIO - I nostri venti interpellati, nella maggior parte dei casi, non hanno saputo - in molti casi nemmeno voluto - sciogliere il dubbio, preferendo dividere i meriti tra i due allenatori che più di altri adesso condensano la stima dei colleghi. Bruno Giordano, per esempio, fotografa: «Adottano filosofie di gioco diverse, ma hanno sempre raggiunto l’obiettivo di inizio stagione». Fernando Orsi, ha aggiunto un particolare: «Egualmente bravi, sullo stesso piano, sono i migliori allenatori italiani al momento. Hanno sempre raggiunto il massimo in relazione alla rosa allenata». Sulla stessa linea Antonello Cuccureddu: «Sono due grandissimi allenatori, che poi vincano o meno trofei non cambia il giudizio complessivo. Perché vincere un trofeo dipende da troppi fattori, e non vincere non significa non aver lavorato bene».
TRE CON ALLEGRI - Hanno espresso una leggera preferenza per Allegri, tre suoi colleghi, di cui uno «di parte», come si è definito lui stesso. E’Giovanni Galeone “padre tattico” dell’allenatore del Milan. L’ex tecnico del Pescara, ha spiegato: «Io preferisco Allegri, anche se sono di parte. Non è solo una questione umana, ritengo che Massimiliano abbia cambiato il Milan più di quanto Mazzarri abbia migliorato il Napoli». D’accordo sulla superiorità di Allegri sono anche Gigi De Canio («lavora nel Milan, quindi ha le condizioni migliori per esprimere il proprio progetto di calcio; Mazzarri sta facendo un grande lavoro ma Allegri è stato fenomenale per come si è inserito nello spogliatoio rossonero») e Maurizio Trombetta, «Allegri ha maggiori capacità di adattamento» ha sottolineato l’ex tecnico del Cluj.
TRE CON MAZZARRI - Per Giancarlo Camolese è l’allenatore del Napoli il migliore, «perché è partito dalla gavetta, ha dovuto ottenere più risultati prima di arrivare al Napoli». Gigi Cagni va ancor più in profondità: «Mazzarri legge meglio le partite, ha più esperienza e maggiore gavetta alle spalle. E poi le sue squadre esprimono un’idea di calcio che preferisco». Chiude, sempre dalla parte di Mazzarri, Serse Cosmi: «Il più bravo non esiste, però Mazzarri ha dimostrato di essere il migliore tra gli italiani in questo momento, con Guidolin».
CDS
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